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Cowboy
Il mito del cowboy solitario
Quando si pensa ad un programmatore, la prima immagine che viene in mente è il cowboy solitario che programma di notte, da solo, nel suo garage, con i Led Zeppelin nelle cuffie e l’immancabile joint che si consuma sulla tastiera.
Il coder (cioè chi scrive source code) è una specie a sé: solitario, introverso (autistico), orgoglioso e poco empatico.
Insomma il classico nerd: maschio, bianco ed etero. Occhialuto, malvestito, fa poco sport, tende alla pinguedine e alla scoliosi.
E’ un immagine che viene dai film, dalla letteratura, da internet stessa
Deriva in parte da quella dello scienziato folle (l'Emmet Brown di "Ritorno al futuro") e in parte dagli Hackers solitari (Neo in "Matrix").
Non ci sono donne programmatrici in questo immaginario (vedi stanza Genere).
Se ci sono, usano il mouse al contrario...
Quest'immagine è un po' falsata. Alcuni programmatori possono avere iniziato a lavorare come freelance; qualcuno continua a farlo per lavoro o per hobby (per esempio, i volontari che partecipano a progetti opensource), e in questo caso è costretto a scrivere codice la sera o la notte.
Ma la realtà è che la maggior parte dei programmatori lavora di giorno, in una stanza con altri programmatori, senza effetti speciali.
Questo non significa che il lavoro del programmatore sia banale e routinario. Significa solo che la parte creativa del suo lavoro non deve per forza esprimersi secondo gli schemi del “poeta maledetto” dell’Ottocento europeo.
All’altro estremo ci sono i programmatori che lavorano in Batteria
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Versione: 12/01/2022 - 19:23:47
Parole: 170Pannelli
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