Etica

Per sfatare l’idea che gli hacker siano dei pirati informatici dediti solo alla ricerca del codice segreto che permette di entrare nel computer della CIA, sono stati scritti interi libri sull’etica hacker, come Hackers. Gli eroi della rivoluzione informatica di Stephen Levy.

Un vero hacker ha un unico valore: la conoscenza. Questo valore va ricercato con ogni mezzo.

Questo valore permette di regolare i rapporti tra le persone e crea l’unico tipo di gerarchia accettabile per un hacker.

In nome della conoscenza, è possibile aggirare le convenzioni e le regole che non hanno altro scopo che limitarne l’accesso.

Ma anche a prescindere dall'hacker, la domanda che ci si può porre è se esista (o se almeno dovrebbe esistere) un’etica dei programmatori a cui attenersi.

E’ una discussione che è viva da tempo tra chi sostiene che il programmatore è un tecnico che non deve preoccuparsi dell’uso del proprio lavoro e chi invece ritiene che l’enorme potere che hanno in mano i programmatori vada moderato con l’adesione a valori sociali condivisi, come il rispetto della privacy altrui.

Naturalmente non è semplice definire questi valori in maniera assoluta o neutra culturalmente. Ci sono culture attente al rispetto dei dati personali, esattamente come ci sono culture in cui ogni finestra di una casa deve avere le sue tendine per proteggere la privacy di chi abita. Ad esempio: è etico scrivere software per gestire siti porno? O per entrare nel computer di qualcuno e rubare i suoi dati? O per gestire il sistema di puntamento di un missile che potrebbe fare migliaia di morti civili?

I campi di applicazione di un'etica dei programmatori sono molti, e crescono ogni giorno:

  • accesso ai dati personali tramite app
  • scelte basate su profilazione automatica
  • controllo di veicoli autonomi
  • spinta all'acquisto di nuovo hardware attraverso la moltiplicazione di funzionalità inutili
  • "backdoor" che permettono l'accesso esterno a programmi ritenuti sicuri
Esiste addirittura un decalogo, scritto nel 1992 dal Computer Ethics Institute:
    Non utilizzare un computer per danneggiare altre persone.
    Non interferire con il lavoro al computer degli altri.
    Non curiosare nei file degli altri.
    Non utilizzare un computer per rubare.
    Non utilizzare un computer per ingannare.
    Non utilizzare o copiare software che non hai pagato.
    Non utilizzare le risorse dei computer di altri senza autorizzazione.
    Non appropriarti della produzione intellettuale degli altri.
    Pensa alle conseguenze sociali del programma che scrivi.
    Usa il computer in modo da mostrare considerazione e rispetto.
Come il decalogo originale, anche questo ha dato origine ad alcune polemiche, soprattutto per la parte relativa alla copia del software che è in evidente contrasto con la teoria e la prassi del software libero. Inoltre non è chiaro se l'etica sia una questione privata, che riguarda i singoli programmatori come persone, oppure le imprese che producono software, oppure ancora quelle che lo utilizzano.

Su questi temi si sta concentrando l'attenzione anche a livello di ricerca e insegnamento universitario. Anche in Italia cominciano ad essere offerti dei corsi di "Computer ethics", Norberto Patrignani, che insegna appunto questa materia al Politecnico di Torino, ha lanciato il concetto di Slow Tech per contrassegnare un'informatica buona, pulita e giusta.

Maggiori approfondimenti si trovano nella pagina di Wikipedia relativa all'Etica del computer.

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Versione: 12/01/2022 - 19:23:47

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